Quando Stallman a Milano si tolse le scarpe e iniziò a parlare

stallmanUna delle figure leggendarie del mondo Open Source, alias Richard Stallmann, il padre del progetto GNU, è stato protagonista di una sorta di conferenza presso il Centro MACAO il lunedì 2 dicembre.

A onor del vero, va detto che la stessa cornice di per sé aveva un carattere sui generis, trattandosi di un ex-edificio ottocentesco collegato con il macello comunale, dando così una sorta di patina quasi post-apocalittica, come se si fosse trattato di uno di quegli edifici abbandonati di Detroit.

Quivi il patriarca dell’Open Source (la figura e la stazza non sfigurerebbero affatto in una rappresentazione del Vecchio Testamento) forse era partito per una sorta di intervento strutturato, ma ben presto si è lasciato andare a un discorso “a braccio”, in cui il tema di fondo consiste in una sorta di anatema contro il sistema dei marchi, incluso quello della rete.

E come non ricordare la sua entrata? Subito viene sistemato una sorta di contenitore per le offerte alla causa del Free Software; vero capolavoro è poi il togliersi le scarpe prima di iniziare il proprio discorso. Dopodichè, esaurite le presentazioni di rito da parte degli ospitanti – interessante in questo la menzione di UN System, un gruppo di sviluppatori alternativi focalizzati verso la sicurezza e le criptovalute (BitCoin in primis) –  il nostro è partito all’attacco, ad alzo zero.

I primi a essere impallinati dalle sue bordate sono stati Instagram e Facebook, insieme con l’invito a usare i formati .ogg e .webm, boicottando assolutamente il .flash; ovviamente tutti i formati facenti capo a Windows vanno eliminati, rivolgendosi alla Creative Commons. In questo, c’è stato anche un ringraziamento particolare a Edward Snowden per le sue rivelazioni. E qui tra l’altro c’è da notare un’interessante connessione: il sistema dei marchi della rete come una sorta di controllo strutturato e gigantesco, nel quale non si sa chi controlli i controllori e osservatori della rete stessa, nella quasi totale ignoranza dei programmi governativi riguardanti la sorveglianza, sempre nella rete. Viene paventato un rischio enorme per la democrazia, in quanto ciò permette di eliminare chiunque solo perchè ritenuto pericoloso o criminale.

Stallmann non ha esitato a porsi una domanda ben precisa: ”Ogni innovazione digitale non ci farà per caso avvicinare a un sistema di tipo sovietico?”, girandola poi al pubblico presente, con il corollario che, in caso di risposta affermativa, essa vada subito abbandonata.

Il passo successivo è stata una spiegazione della differenza fra software proprietario e software libero, con evidente predilezione per quest’ultimo, visto come un lavoro continuo a due livelli: il primo, ossia il controllo individuale, e il secondo, ovverro il controllo collettivo della comunità dei programmatori e sviluppatori.Il risultato finale è: assenza di controllo sui programmi, che non vuol dire affatto anarchia e caos, naturalmente; questi ultimi due, infatti, sono dovuti soprattutto alla presenza dei famigerati malware, in particolare gli spywares da utilizzatori e le “manette digitali”.

E non si pensi che il free software sia qualcosa di nato ieri: le sue origini risalgono al 1983 con il progetto GNU, acronimo che sta per “GNU is Not Unix”. Da qui è uscito tutto ciò che riguarda l’open source, incluso Linux, che infatti andrebbe chiamato GNU-Linux.

Esiste anche una sorta di anti-copyright: quest’ultimo infatti non è considerato necessario, e se proprio deve essercene uno, che sia aperto e valido per un tempo limitato; di certo non i continui allungamenti dei diritti proprietari fatti dalla Disney e dalle grandi majors cinematografiche, senza considerare la sciagurata politica di Amazon con il suo Kindle (ma anche gli altri fornitori di eBook non sono da meno), in base alla quale un eBook non può essere dato gratis ad altri.

Perchè il sistema del copyright non solo non arretra, ma è anzi in estensione dal 1998, specie per la letteratura, con durate di circa 70 anni se non pure superiori, addirittura con diverse richieste di copyright perpetui dalla MPAA, naturalmente rigettate perchè anticostituzionali negli USA.

Ma cosa c’è dietro a tutto questo? Stallmann non ha dubbi: il tentativo di creare un sistema mondiale di “pay-per-view”, così da poter controllare tutto e tutti dal principio alla fine (come nel caso del “Blue Ray”). Ce n’è per tutti: le aziende già citate, ma anche la Sony, in pratica qualsiasi operatore di telefonia, inclusa quella in rete, il 99% degli smartphone (quasi certamente anche i tablet non si sottrarranno all’anatema).

E’ una rivolta generale contro qualsiasi marchio proprietario, e questo indipendentemente dal fatto che sia trattato analiticamente o meno. Niente male, direbbe qualcuno. E’ interessante notare come tutto questo presenti qualche analogia con alcune discussioni che da qualche anno attraversano trasversalmente anche il mondo aziendale, specialmente il settore .biz. Ormai sono tutti d’accordo nel dichiarare che il tradizionale sistema di copyright, che nella sua formulazione è anteriore persino alla Rivoluzione Industriale, abbia fatto il suo tempo.

Il problema sta nel fatto che qualsiasi decisione nuova si prenda, va a cozzare contro diverse rendite di posizioni
(il sistema dei monopoli più volte stigmatizato dallo stesso Stallmann nella sua conferenza). Quanto al sistema “pay-per-view”, in realtà è stato già anticipato dall’economista Jeremy Rifkin in un libro molto interessante “L’età dell’accesso”.

Tutto questo è stato reso con un eloquio pacato, niente affatto esagitato; Stallmann ha infatti poco del tele-predicatore – e sì che viene dal paese che ha inventato questa categoria – come anche del sobillatore o del rivoluzionario. La sua presenza è semplice, nulla di ricercato, ben lontana dal finto informale dei Gates, Jobs, Page, Brin, Bezos – solo per citarne alcuni – che in realtà è un’abilissima strategia di marketing.

Ora, si può essere d’accordo o meno con quel che dice, come pure si possono fare tutte le critiche alle sue convinzioni, ma è innegabile che ci sia una grande solidità dietro alle sue affermazioni, e questo certo non può venire da nessuna strategie commerciale.

Thank you very much, Mr. Stallmann

[Report a cura del nostro “diversamente partenopeo”  Gianpiero Villani]

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Un commento

  1. questa non l’avevo sentita, però gli americani è meglio che non facciano troppi paragoni perchè su temi come il socialismo e il comunismo, hanno i paraocchi e conoscono solo la propaganda capitalista riguardo i gulag…

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